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Come sarà il futuro dei nostri figli?
Voi riuscite ad immaginarvelo? Io no.
Sono stato qualche giorno in montagna, in quella casa dove amo rifugiarmi per scrivere, pensare, come si dice per “ricaricare le pile” primo di tornare in città.
Ma questa volta non sono riuscito a rilassarmi.
Sono preoccupato, mi guardo intorno e non riesco più a trovare quell’ottimismo per il futuro che ha caratterizzato tutta la mia vita.
Penso a mio figlio, penso ai ragazzi che mi vedo intorno
e provo ad immaginarmi il mondo che gli stiamo lasciando (tutti noi, nessuno escluso). Devo confessarvi che mi sento in colpa, perché so che sarà un mondo meno accogliente del nostro, meno stimolante, meno aperto alle loro esperienze e alle loro idee.
Con gli amici oramai si discute abitualmente sui paesi stranieri in cui vorremmo che i nostri figli andassero a lavorare, a cercare fortuna, a mettere in pratica ciò che hanno imparato…o addirittura a studiare perchè non ci fidiamo più neppure della nostra scuola, delle nostre università. Lo facciamo come se fosse una cosa normale, come se stessimo parlando della trama di un romanzo o del menù della cena.
Non parlo di politica, non mi riferisco al governo o e alle sue decisioni.
Penso alla totale assenza del senso di comunità, di bene comune. Penso alla cultura contemporanea ormai imperante in Italia, che non riesce a capire che solo nella condivisione degli obiettivi, nella creazione di un disegno complessivo da perseguire insieme, si può creare una società migliore, più giusta, più prospera.
Più felice.
Ecco, quello che ci manca: un vero desiderio di felicità, perchè la volontà di sovrastare il prossimo ha preso il sopravvento.

Quando aveva 4 o 5 anni mio figlio aveva scelto Peter Pan come film preferito e lo guardava in continuazione. Era una bella storia, una storia di quelle che ti lasciano il sorriso. Come tutti voi….anche io sono stato costretto a rivedere quel film un milione di volte al mattino, alla sera, al pomeriggio, quando ero stanco e mi si chiudevano gli occhi o quando volevo rilassarmi leggendo il giornale. ‘Papà, vieni sbrigati che ora combattono con i pirati’ ‘…eccomi’.

A distanza di anni però devo dire che quel cartone mi ha lasciato un’eredità importante: il ‘pensiero felice.’
Peter Pan infatti, insegna ai suoi nuovi amici ad avere un ‘pensiero felice’ per proteggerci nei momenti difficili, per tirarci su, per dimenticare qualcosa che ci rende tristi. A distanza di tanti anni (ora il pupo ha 17 anni ahimè….) trovo che nella sua apparente banalità, questo sia un metodo straordinario per superare le difficoltà della vita indirizzando i nostri pensieri verso qualcosa che ci aiuta a superarli. Uno psicologo forse lo direbbe in modo più forbito, ma io credo che il concetto sia chiaro anche in questo modo.
Io nella mia vita ho accumulato molti pensieri felici e uno di quelli ai quali penso di più sono i momenti in cui mi rifugio in mezzo alla natura, nella mia amata Lapponia, in una piccola casa sul fiume in cui ritrovo me stesso e raccolgo le mie forze per tornare e ricominciare.