Era il 2008. Da meno di un anno ero tornato ad abitare a Camogli, in una vecchia casa in Via della Repubblica. Dalle mie finestre non si vedeva il mare, così, quella mattina, uscii poco dopo l’alba come sempre, come se niente fosse. Ero abituato: mi piaceva respirare il profumo della luce azzurra del mattino.
Ma quel giorno era diverso. L’atmosfera era strana, la luce non era la stessa di sempre e il gusto della salsedine entrava nei polmoni riempiendoli di un sapore acre, penetrante, forte. In lontananza, il suono rauco del mare superava la barriera di case medievali con il suo ritmo lento e costante.
Capii subito che cosa stava accadendo. Tornai a casa, presi Victor, così chiamavo la mia macchina fotografica allora, e scesi sul lungomare, o su quello che ne era rimasto. Lo spettacolo era devastante. Non esisteva più la spiaggia, la passeggiata che avevo percorso la sera prima era completamente sommersa, le onde gigantesche colpivano con una violenza inaudita il campanile di Santa Maria Assunta e la torre del Castello della Dragonara.
Solo la bandiera resisteva. Sulla sommità della torre quel piccolo pezzo di stoffa bianca e rossa si opponeva alla furia del vento che stava devastando la città. Io la guardavo; la osservavo fissa mentre scendevo le minuscole scale a pioli sotto gli spruzzi violenti del mare in tempesta. Ero solo ed avevo paura, una paura che non mi faceva sentire il freddo dell’acqua e il rumore delle barche che sbattevano sugli scogli. Ma volevo cogliere quel momento, sicuro che lo avrei ricordato per sempre.
Ancora oggi guardo queste fotografie e sento nei polmoni il gusto della salsedine, il respiro delle onde. Ancora oggi rivedo quella bandiera e penso che la mareggiata del 30 ottobre del 2008 non è stata la prima e non sarà l’ultima, ma che Camogli resisterà per sempre.
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